– Nuova “fuga per la vittoria”, scomparsi calciatori dell’Eritrea

28 12 2009

La partita della lega Cecafa fra Eritrea e Tanzania (nazret.com)

NAIROBI – Il copione assomiglia al celebre capolavoro americano “Fuga per la vittoria”. Anche se mancavano Pelé e Sylvester Stallone, a Nairobi lo scorso 8 dicembre si è giocata una partita che andava ben oltre lo sport. A dodici calciatori dell’Eritrea non interessava vincere sul campo contro la Tanzania, ma sconfiggere il regime che nega loro ogni forma di libertà. Come? Non presentandosi all’aeroporto che avrebbe dovuto rimpatriarli in seguito alla gara della lega Cecafa (persa infine per 4-0). I dodici giocatori hanno fatto perdere completamente le proprie tracce, ospiti di amici, parenti o altri dissidenti che hanno lasciato l’Eritrea, il Paese più repressivo di tutta l’Africa, per rifugiarsi nella capitale keniota. È la terza volta che la nazionale eritrea, invitata a qualche competizione internazionale, rifiuta di tornare in patria.

Diaspora – «Non è una buona notizia per l’Eritrea, ma comunque se decideranno di rientrare in patria riceveranno un caloroso benvenuto». Ha commentato così la fuga, ai microfoni della Bbc, il ministro dell’Informazione eritreo Ali Abdu, che ha poi aggiunto: «Nonostante l’abbiano tradita, questa resta la loro casa dove possono tranquillamente vivere e lavorare». Non è dello stesso parere la comunità della diaspora eritrea in Kenya, composta da dissidenti fuggiti dal regime: «Chi torna in Eritrea finisce direttamente in galera o in un campo di rieducazione», racconta Ghirmai, uno dei tanti uomini scappati. «Il regime non perdona, molti di noi sono fuggiti per non finire uccisi o torturati».

Il presidente dell'Eritrea, Isaias Afewerki (wikipedia)

Libertà – In Eritrea nessuno aveva dato la notizia della scomparsa dei dodici calciatori. Il regime di Asmara, con a capo il dittatore Isaias Afewerki, aveva persino negato la fuga. Attualmente l’Eritrea occupa l’ultimo posto nella classifica della libertà di stampa in Africa. Nel Paese non esistono giornali liberi e cronisti indipendenti da minacce o pressioni politiche (come dimostra l’isolamento in cella da più di 8 anni del giornalista Dawit Isaak). Gli unici organi di stampa “legali” sono quelli controllati dal regime. In Eritrea non esiste neanche una costituzione. Sono vietati i partiti politici e tutti devono sostenere un servizio militare dalla durata illimitata. L’ossessione verso le idee rivoluzionarie o di opposizione è talmente grande che porta i dirigenti del regime a vedere spie e traditori dovunque. Il 18 settembre 2001, ad esempio, sono stati arrestati ministri e altri funzionari del governo perché avevano “osato” criticare la mancanza di libertà, chiedendo per il Paese una maggiore democrazia e giustizia. Risultato: accusati di tradimento, arrestati e condotti in un gulag senza lasciare alcuna traccia.

Ivano Pasqualino